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La Terapia Craniosacrale

 

Non ricordo chi disse un tempo: “Eppur si muove….”, ma ricordo molto bene la mia perplessità e la mia incredulità quando mi parlarono del movimento di una parte del nostro corpo normalmente considerata immobile, immota nella sua struttura finita. Che strano pensai, quando credi di dare per assodato delle nozioni che hai imparato, ecco che si ricomincia daccapo e si rimettono in discussione tante cose, non negando le informazioni precedenti, ma semplicemente guardando il tutto attraverso una lente diversa, da un’angolatura differente.

Ciò che si rifiuta di adattarsi a nuove concezioni è quella parte remota di noi in cerca di quelle “certezze” che hanno permeato tutta la nostra storia: un tempo la terra era considerata piatta, poi sferica, poi unica e al centro dell’universo, poi facente parte di un sistema anch’esso al centro del cosmo, poi quel centro non aveva più importanza ciò che ha contato è stato il tutto. Partiamo da lontano per affrontare un argomento difficile che sembra appartenere al mondo della stregoneria fin quando la scienza non lo ha fatto suo dandogli dignità di esistenza nel mondo del possibile.

Entriamo nel vivo della questione: è li davanti a me, mentre scrivo: cosa? Un teschio, un teschio di plastica colorata, una struttura “in vitro” senza vita utilizzata per studiarne le singole parti, eppure qualcuno ha  ipotizzato in passato che in vivo esso non è immobile e mero contenitore della parte più nobile del nostro corpo: il cervello, ma che sia in una correlazione talmente forte con esso che è possibile avvertirne una serie di piccoli movimenti che decodificati opportunamente raccontano l’intera storia di un individuo. Ma come è possibile tutto ciò? Come e da dove nasce tale teoria?

Un allievo di Still (padre fondatore dell’Osteopatia) William Garner Sutherland (1873-1954) nell’osservare un modello di cranio esploso, fu attratto dalla complessità delle suture delle ossa craniche, che gli indicavano l’esistenza di un Meccanismo adatto al movimento. Egli si dedicò allo studio del cranio per quaranta anni, disarticolando e smontando crani come un’orologiaio. Scoprì, impiegando vari tipi di bendaggi, che esiste una relazione diretta tra le pressioni esercitate sulle ossa craniche e il cambiamento dello stato fisico ed emotivo. Inoltre con il passare del tempo notò che tali pressioni provocavano anche un cambiamento del sistema nervoso centrale, del sistema endocrino e di quello muscolo scheletrico. Iniziò a praticare quest’arte ottenendo a volte dei risultati strabilianti, ma come tutte le teorie nuove, questa incontro inizialmente  tanto scetticismo e pochi sostenitori che però col tempo aumentarono sempre di più. Solo recentemente studi scientifici a opera di sovietici Naumenko e Moskalenko, degli americani H. Magoun, V. Frymann, J.E. Upledgher , J.L. Pritchard e altri dimostrarono le ipotesi di Sutherland. I canadesi dell’equipe di Robitaille e di G. Marie nel 1987 al centro studi osteopatici di Montreal (Quebek), utilizzando un’apparecchiatura elettronica molto sofisticata, furono in grado di obbiettivare un movimento ritmico delle ossa del cranio e tracciarne un grafico.

Ma perché questa scatola fatta di tante piccole ossa dovrebbe muoversi e cosa  e quale è quel meccanismo che permette il movimento? Come ben sappiamo il cranio e la colonna vertebrale sono contenitori del sistema nervoso centrale (cervello e midollo spinale). Il sistema nervoso centrale a sua volta è protetto dal contatto con le ossa craniche e con il canale vertebrale dalle meningi attraverso le quali scorre un liquido (liquido cefalo-rachidiano) prodotto a livello centrale in cisterne chiamate ventricoli e riassorbito in altrettante cisternette chiamate villi aracnoidei. Il movimento prodotto dalla produzione e dal riassorbimento di tale liquido permette il movimento delle ossa craniche, che a loro volta condizionano anche il movimento sacrale essendo in correlazione con il sacro attraverso le meningi; da qui il termine di terapia cranio-sacrale. Ovviamento traumi alla colonna vertebrale, al cranio, all’osso sacro, ecc. o ad esempio malocclusioni  dentali possono provocare una restrizione a livello delle articolazioni che li compongono ed alterare il fisiologico scorrere di tale liquido provocando ulteriori restrizioni di mobilità in altri distretti corporei.

Ma come agisce la terapia cranio-sacrale e quali sono gli strumenti che si utilizzano?

Lo strumento di cui ci si avvale sono le mani che devono servire sia per rilevare restrizioni di mobilità nei vari distretti corporei esaminati che per normalizzare tali alterazioni. Per la terapia ci si avvale di varie tecniche a secondo del caso e del tipo di alterazione riscontrata; il più delle volte si utilizzano tecniche dolci e non  invasive, che vanno a lavorare soprattutto su tensioni rilevate a livello fasciale, ma in alcune occasioni è indispensabile agire  con tecniche più dirette che vanno  ad eliminare  blocchi articolari causa di tali restrizioni fasciali.

Tale tecnica può essere utile per risolvere vari problemi fisici, ma come si è visto e dai risultati ottenuti da J.E. Upledgher, talvolta si va ad agire non solo sul soma, ma anche sulla psiche. Infatti, non esiste una reale possibilità di separare la mente dal corpo. Allo stesso modo non si può separare il lavoro sul corpo da quello sulla mente. Grossi studi sono stati compiuti da molti studiosi, tra i quali citiamo Reich che sostiene che tra cervello e corpo esiste uno scambio reciproco; i movimenti della corteccia cerebrale che corrispondono agli atti di pensiero derivano da corrispondenti movimenti delle correnti vegetative del corpo, cioè l’attività del cervello non solo dirige, ma è diretta dal moto della bioenergia in tutto il corpo. J.E. Upledgher sostiene che il corpo è capace di registrare traumi, emozioni, disordini, che se non rimossi possono provocare localmente e di conseguenza anche a distanza restrizioni che si perpetuano nel tempo senza consentire la guarigione da un processo morboso e che solo attraverso la resettazione di tali strutture si potrà riuscire a ridare la possibilità al nostro organismo di autoguarire. Un uditore in una conferenza alla quale partecipava J.E. Upledgher fece allo stesso una obiezione sulla possibilità del corpo di poter registrare un trauma ed un emozione nello stesso modo e con lo stesso effetto; egli rispose con un’altra domanda: “Noi non ci meravigliamo quando un semplice nastro magnetico riesce a registrare dei suoni o addirittura delle immagini e, invece, riusciamo a meravigliarci così tanto della possibilità che possono avere le fasce che avvolgono le nostre strutture o meglio le nostre strutture stesse nel registrare emozioni, traumi ed insulti?”. Si è cercato di dare un’idea di una terapia difficile da spiegare in pochi righi, ma speriamo sufficienti a stimolare approfondimenti ulteriori sia in questa che in altre sedi.

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