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Alterazioni Posturali ed Attività Sportive

 

Sempre più spesso oggi si sente parlare di alterazioni posturali ed attività sportive ove il motivo del dibattito è riferito o alla pericolosità di alcune attività sportive per l’insorgenza di alterazioni posturali, oppure su quali attività evitare in caso di alterazioni posturali. Difficilmente si approfondisce l’argomento cercando di capire quali possano essere i fattori predisponenti un’alterazione posturale prendendo in esame il modo o le condizioni in cui si pratica un’attività sportiva e non il tipo di attività sportiva praticata.

In quest’epoca di eccessivo tecnicismo, di settorializzazione e particolarizzazione di ogni attività intellettuale, anche lo sport sta vivendo un momento di grande crisi e ha perso la visione dell’uomo come entità globalmente reagente nell’ambiente che lo circonda, in cui psiche e corpo sono un’unica espressione vitale, ed in particolare ha considerato la postura umana frutto solamente delle leggi fisiche che regolano i rapporti tra la massa corporea e le forze interagenti , ma che nella maggior parte dei casi essa rappresenta un compromesso tra le esigenze ambientali, la forza di gravità, la situazione osteo-muscolare e lo stato psicologico.

Nell’avviare i soggetti in età evolutiva alla pratica di una qualsiasi attività motoria, è indispensabile che i programmi di allenamento rispettino non solo le caratteristiche morfologiche e funzionali dei piccoli sportivi, ma tengano in considerazione anche di altri elementi per evitare l’insorgenza di alterazioni posturali. Infatti , i “giovani atleti” assumono spesso posture scorrette per mantenere uno stato di equilibrio precario stressando tutte le componenti deputate alla funzione dell’equilibrio stesso ed andando incontro alla stabilizzazione di alterazioni posturali. Quando si determina una disfunzione del sistema tonico-posturale si può instaurare un quadro clinico caratterizzato generalmente da sofferenza dell’apparato locomotore (patologie muscolo-tendinee, articolari ed ossee) detto  “sindrome algico-posturale”.

Gli elementi che devono concorrere perché ciò si verifichi sono i seguenti:

1)      la predisposizione individuale

2)      l’azione dell’ambiente esterno

3)      le alterazioni recettoriali

Nella genesi della sindrome algico-posturale tutte le componenti sono presenti. Ciò significa che il paziente deve essere predisposto alla disfunzione, che l’ambiente esterno sia ostile e perturbante e che i recettori posturali devono trovarsi in qualche stato di alterazione.

Per predisposizione individuale si intende sia una predisposizione genetica che acquisita. Quella genetica dovuta ad un’alterazione del tessuto connettivo, delle strutture scheletriche e delle articolazioni. Talvolta vengono considerati come predisposizione genetica anche i fattori caratteriali determinati dall’interazione nell’individuo tra i propri desideri e aspirazioni e la capacità di calare questi nella realtà. Più queste due dimensioni sono in armonia più un individuo è in equilibrio e formerà una personalità e un carattere forte e coerente con i propri bisogni; lì dove, invece, la capacità realizzativa di un essere  vivente è ostacolata o bloccata da vari fattori interni o esterni  tale rigidità si ripercuoterà sul corpo creando alterazioni alquanto rilevanti. Quella acquisita è imputata ad eventi traumatici , carenze nutrizionali e disfunzioni endocrine.

L’ambiente esterno ostile o perturbante è inteso soprattutto come condizionamenti nelle scelte di attività ludiche e sportive. Spesso le motivazioni che spingono allo sport sono forzate da medici, genitori, educatori, allenatori. Inoltre da osservazioni cliniche riportate in letteratura si è notato che molte problematiche posturali sono legate all’inizio precoce di attività sportive specifiche e spesso aggravati dall’esasperazione del gesto sportivo e della ripetitività, dalla mancanza di un programma integrato e dalla scarsa analisi attitudinale e psico-fisica del “giovane-atleta”. Tanto è vero che si è constatato che le motivazioni di allontanamento dalle attività motorie sono soprattutto: stress, motivazioni forzate, difficoltà quotidiane oggettive e problemi fisici.

Un’altra componente della triade è rappresentata dalla presenza di alterazioni di recettori specifici della postura: il recettore oto-vestibolare (sistema uditivo), il recettore oculare, il recettore podalico, il sistema stomatognatico  (bocca). Infatti una postura armonica e ben equilibrata dipende primariamente dalle sorgenti di informazione sensoriale che trasmettono i dati di riferimento delle relazioni del corpo con lo spazio e la superficie di appoggio e delle interazioni tra le varie parti del corpo. Questi dati permettono di aggiornare continuamente la programmazione centrale e di compensare rapidamente variazioni improvvise del sistema posturale. Ovviamente tutto ciò è valido anche se un disturbo riguarda altri sistemi oltre a quello recettoriale, ovvero quando esiste un danno o un disturbo di quegli apparati o strutture deputati alla programmazione centrale delle afferenze propriocettive ed esterocettive  o di quelle deputate alle vie effettrici.

La triade è potenzialmente presente in ogni individuo, ma non si realizzerà nessuna manifestazione clinica della disfunzione finchè tutte le componenti non siano coinvolte. Non appena si sviluppa la triade la sindrome precipita e si osservano i sintomi della disfunzione. Il grado di predisposizione, di  perturbazione dell’ambiente esterno, di alterazione recettoriale necessario per la comparsa della sindrome è diverso per ogni individuo, per questo si potranno trovare delle persone con livelli minimi delle componenti che possono rappresentare anche delle sintomatologie molto importanti; tale grado di variabilità rende conto delle differenze tra gli individui, così come nello stesso individuo in tempi diversi.  Sono possibili inoltre dei fattori scatenanti  e/o aggravanti come il trauma, l’esito di interventi chirurgici ortopedici, le cicatrici. Questi fattori sono considerati delle concause per l’insorgenza di una patologia posturale.

Gli obiettivi da perseguire sono quelli di rendere le attività motorie solo un fattore positivo per lo sviluppo psico-fisico del giovane atleta e quindi, che fare?  Nostro compito è, quindi, di incoraggiare la pratica sportiva e nel contempo di prevenirne gli eccessi. La nostra funzione di guida e di incoraggiamento inoltre, dovrà svolgersi prendendo a riferimento l’individuale  espressione biologica del  ragazzo, non limitandosi quindi  a seguire rigidi schematismi cronologici. Da qui l’importanza della costituzione  di equipe composte da dirigenti, osservatori clinici, allenatori, che nel rispetto delle libere scelte del bambino, siano comunque in grado di consigliargli, tra le tante discipline sportive, quelle che meglio si addicono alle caratteristiche cliniche, morfo-funzionali e psicologiche del giovane atleta e che puntino ad una preparazione equilibrata da un punto di vista non solo atletico e tecnico, ma anche psico-emotivo e posturale.

Requisito fondamentale in età giovanile è “la multilateralità” del programma di allenamento, di cui scopo principale deve essere sempre quello di ottenere un miglioramento globale di tutte le qualità. Invece, un programma di attività fisica “unilaterale e standardizzato”  ha come obiettivo quello di allenare e sviluppare prevalentemente la qualità fisica principale della disciplina sportiva praticata, a tal fine vengono adottati programmi di allenamento che utilizzano pochi e ripetitivi gesti, col rischio quasi inevitabile, di rallentare o ancor peggio, di bloccare i processi di apprendimento motorio del bambino. Al contrario, un allenamento “multilaterale” favorisce lo sviluppo parallelo e contemporaneo delle qualità psico-fisiche allenabili nel ragazzo in quanto utilizza esercitazioni varie, alternate e polivalenti.

In un corretto programma di allenamento il bambino, qualunque sia l’attività motoria prescelta, deve passare attraverso una lunga fase di allenamento generale e solo in seguito viene avviato all’apprendimento di gesti sportivi specifici della disciplina prescelta. I metodi di lavoro non devono mai tralasciare la caratteristica di risultare interessanti e piacevoli; solo così l’allenamento sportivo può diventare “gioco organizzato”-

Quindi, come puntualizzato all’inizio di questa relazione, nell’avviare i soggetti in età evolutiva alla pratica di una qualsiasi attività motoria, è indispensabile che i programmi di allenamento rispettino sia le caratteristiche morfologiche e funzionali dei piccoli sportivi, ma tengano in considerazione anche la predisposizione individuale, delle motivazioni spontanee e di eventuali alterazioni recettoriali che se presenti e ipersollecitati da attività sportiva, possono disturbare uno stato di equilibrio preesistente.

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